Vorrei iniziare il mio nuovo blog con le parole "musica liturgica", ovvero discutendo in questa sede di alcuni aspetti musicali che riguardano la condizione odierna della liturgia rispetto al passato e soprattutto rispetto a chi, come me, fa della musica il proprio lavoro e mestiere e chi, come me, è impegnato nella musica liturgica da decenni e crede ancora nella necessità di poter esprimere "a voce plena" la formazione dalla quale proviene, senza dover sopportare la sciatteria con la quale, a volte, noi musicisti di chiesa siamo costretti a contemplare. Tante volte ci siamo interrogati sul perché cantare nella liturgia; sul perché la solennità liturgica cantata, assume risonanza e profondità maggiore…la risposta è nella storia della liturgia, nella nostra storia. Il canto ha sempre espresso l’identità dell’uomo e di un popolo, nascendo dall’amplificazione della sua voce. Esprimersi con il canto, non è altro che parlare in un altro modo; ricoprire la parola di suono; una parola che è già musica nella sua natura, ma che la musica trasforma in completezza e perfezione. Tutto questo si giustifica in modo assoluto, quando la parola espressa è Parola di Dio. Quindi il canto nella liturgia riveste un ruolo importante perché “L’azione liturgica riveste una forma più nobile quando è celebrata in canto”(cfr. art.4 Musica sacram - Istruzione del «Consilium» e della Sacra Congregazione dei Riti); sottolineando il ruolo centrale dell’assemblea che canta e partecipa “attivamente” alla liturgia. E’ importante però, capire anche il senso della partecipazione attiva che non è certamente solo quella spontanea e immediata del canto “Si educhino inoltre i fedeli a saper innalzare la loro mente a Dio attraverso la partecipazione interiore, mentre ascoltano ciò che i ministri o la «schola» cantano”(cfr. art.15 Musica sacram - Istruzione del «Consilium» e della Sacra Congregazione dei Riti). In conclusione è importante l’educazione dell’assemblea al canto liturgico, che non vive solo di spontaneità esterna, ma può esistere in un’assemblea che ascolta e prega interiormente; auguriamoci, quindi, di vivere il canto del nostro cuore, che loda a Dio più delle nostre labbra. “Ascoltiamo e cantiamo, e la gioia che proviamo all’udire le parole del salmo è già un cantico al nostro Dio. Non cantiamo infatti solamente quando con la voce e le labbra pronunziamo il cantico; anche all’interno sono rivolti gli orecchi di Qualcuno. Cantiamo con la voce per animare noi stessi: cantiamo col cuore per piacere a Lui”(cfr. S.Agostino Enarr.in Ps.147,5.)
domenica 25 gennaio 2009
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