domenica 4 ottobre 2009

mercoledì 22 aprile 2009

Handel è arrabbiato


Handel portava una enorme parrucca bianca e quando tutto andava bene nell'esecuzione di un oratorio, la faceva oscillare, quasi vibrare: questo significava che era contento e soddisfatto. Se coiò non accadeva, gli osservatori più vicini ne potevano dedurre che non era di buon umore. Alla fine di un'aria egli gridava "Coro!" con una potenza impressionante, e, se alle prove degli oratori il principe e la principessa di galles giungevano in ritardo, il suo nervosismo diventava terribile. Tuttavia le Altezze Reali lo consideravano con tanto rispetto che ammettevano che Handel aveva ragione e il principe fu udito affermare: "Davvero è crudele avere tenuto questi poveretti (e voleva dire esecutori) lontani dalle loro lezioni e dalle loro occupazioni per più tempo del necessario".Ma se le dame di Corte o altre spettatrici parlavano durante le esecuzioni, c'era da temere che il nostro novello Timoteo non solo imprecasse, ma coprisse di ingiurie chi stava disturbando: allora la principessa di Galles, con la sua abituale dolcezza e benignità, era solita dire:"Silenzio! Silenzio! Handel è arrabbiato!".

Ricordando Handel a 250 anni della sua morte


Handel visse un po' più a lungo di Bach, allora meno famoso di lui: arrivò a 74 anni quando si spense, il 14 aprile 1759. Handel era stato vittima di uno "svenimento" mortale l’8 aprile 1759, durante un'esecuzione del suo MESSIA. Urgentemente portato a casa, morì senza più alzarsi dal letto. Handel indiscutibilmente cosciente durante questo suo ultimo malessere e sol ote giorni prima della sua dipartita incrementò il suo testamento con una appendice, fornendo le istruzioni per essere sepolto nell'Abbazia di Westminster. Ancor oggi è tumulato lì, dove una sua statua tiene in mano un’aria del MESSIAH.Handel era un uomo forte, ma più volubile di Bach. Aveva energie illimitate, era capriccioso e golosissimo di cibo e bevande; era anche un grande fumatore di pipa.Nell'età adulta era un uomo alto e corpulento, con una faccia carnosa e una sorprendente energia da dedicare all’attività lavorativa, sebbene questa operosità fosse a volte bloccata da alcuni periodi di forte depressione. Queste caratteristiche fisiche, e questa propensione di Handel per il cibo, furono caricaturate da Joseph Goupy, un suo amico, presentandolo come un maiale che suona il cembalo in una vignetta intitolata "L'incantevole bruto". Questa sparata non venne apprezzata da Handel, che immediatamente cancellò l’amico Goupy dal suo testamento. Handel era un uomo d'affari estremamente fantasioso ed energico, e la sua musica teneva conto anche delle ragioni apertamente commerciali, oltre che perseguire obiettivi artistici fini a se stessi.Handel iniziò ad ammalarsi nel pieno della maturità: nel 1737 infatti iniziò un deterioramento sia della salute che dell'intelligenza: a poco a poco l’arto destro divenne inutilizzabile: si andò a curare nelle acque a Tunbridge Welles, luogo in cui la paralisi della spalla e i reumatismi che lo affliggevano scomparvero. Nel 1734, ci fu un altro periodo in cui la salute era minata: il suo amico Horace Walpole scrisse che non riusciva a comporre per via della paralisi che lo aveva colpito alla testa ed alla parola. Il tutto era accompagnato da una febbre molto alta. Le energie interiori di Handel ribaltarono la situazione: superata anche questa crisi, Handel sembrò riprendersi, senza che la malattia lasciasse traccia: malgrado questi dati oggi non riusciamo a definire esattamente che tipo di malattia potesse avere Handel.Uno dei più grandi pesi che dovette affrontare Handel fu la cecità: era un problema insidioso e irreversibile. Il 1743 segna il momento in cui la cataratta di Handel si aggravò tantissimo, quasi a renderlo completamente cieco. A un'esecuzione pubblica dell'oratorio SAMSON, quando il tenore John Beard cantò: “Eclisse totale! Niente sole, niente luna, tutto buio nello splendore del mezzogiorno” il pubblico, colpito alla vista del compositore cieco, si commosse fino alle lacrime: una prova significativa dell'affetto che la gente provava per quest'uomo umano e terreno. Non solo: la contessa di Shafthesbury, in una lettera datata 13 Marzo 1753, mostra tutta la delicata apprensione che nutre verso il suo amico Handel: “La malinconia e la tristezza mi spingono fin quasi alle lagrime. Ho visto il grande ed infelice Handel abbattuto, vinto, seduto in un angolo buio, senza poter suonare il clavicembalo”: è chiaro che la contessa deve aver visto Handel in uno dei momenti di depressione che colpivano il Caro Sassone: è l’avvenimento più nefasto nella vita di Handel poiché l’impotenza per un’oscurità che non può dominare, lo corrode da dentro.. La lettera che la contessa scrisse al suo amico John Harris, è una descrizione di come Handel apparisse a 68 anni, stanco, avvilito, probabilmente in un angolo della sua casa a Brook Street. Agli inizi del 1753 un giornale londinese aveva riportato la notizia che Handel “ha quasi perduto completamente la vista”: secondo la diagnosi del chirurgo oculista William Sharp al Guy’s Hospital: è glaucoma. William Sharp sin dal lontano 1733, aveva tentato una prima operazione all’occhio sinistro di Handel: ma contro la “gutta serena”, l’abilità del chirurgo è impotente: l’operazione non finisce bene, e dopo le prime medicazioni, il chirurgo, con un umorismo nero, disse ad Handel scherzando che avrebbe potuto sempre cercare di suonare insieme a John Stanley.La risposta di Handel fu ferma e secca: “Se un cieco cammina assieme ad un altro cieco, essi non possono che finire entrambi dentro la Manica”. John Stanley, conosciuto organista delle chiese londinesi, aveva perso la vista sina dall’età di due anni.Mainwaring scrive: “Questo evento lo fece affondare per qualche tempo nella più nera disperazione; non riuscì darsi pace prima di sottoporsi ad alcune operazioni, che risultarono inutili e molto dolorose; Handel si convinse di non potercela fare da solo, ed andò a chiamare Mr. Smith per domandargli di suonare al suo posto, assistendolo pure nella direzione degli oratori”.Questa malattia portò Handel a variare il suo comportamento, rendendolo più insipido, irascibile ed acido, senza tutto questo però inficiare la sua intenzione di dirigere, suonare e comporre.

lunedì 23 marzo 2009

Cisternino 2009


L'Associazione Polifonica "Florilegium Vocis" di Bari organizza per la III Edizione il Corso Estivo di Direzione di coro e di Coralità, nel quale si approfondiranno gli aspetti tecnici, interpretativi e didattici del vastissimo repertorio corale, per direttori e coristi, in una cornice turistica di altissima attrazione: La Valle d'Itria.

Docenti del corso

M° Marco Berrini

M° Sabino Manzo


I dettagli nel sito

Vi aspettiamo

mercoledì 4 marzo 2009

I dimenticati (quasi)


Con questa pubblicazione, apro una serie di appuntamenti dedicati ai musicisti della storia ormai dimenticati totalmente o caduti in disuso, o dei quali non si dà più la giusta gloria e immensa grandezza di cui sono stati artefici.
Comincio da colui che per eccellenza ha segnato la storia della musica sacra; colui che ha permesso a noi oggi di pensare ancora al sacro in virtù della bellezza eterea, della intima spiritualità e di cui noi tutti, un pò per moda, un pò per inibizione, spesso ce ne dimentichiamo.


Giovanni Pierluigi (Palestrina, 1525Roma, 2 febbraio 1594) nasce a Palestrina, cittadina nei pressi di Roma, all'epoca parte dello Stato Pontificio.
Svolse la maggior parte della sua carriera a Roma. Le fonti storiche suggeriscono che visitò la città per la prima volta nel 1537, anno in cui risulta nel registro dei coristi della basilica di Santa Maria Maggiore. Studiò con Robin Mallapert e Firmin Lebel.
Per sua sfortuna, un papa successivo, Paolo IV, costrinse alle dimissioni tutti i cantori sposati o che avessero composto opere di musica profana, e Palestrina rientrava in tutte e due le categorie. Dovette dunque abbandonare il Vaticano, ma ottenne immediatamente la direzione musicale di San Giovanni in Laterano (dal 1555) e, successivamente, della Basilica di Santa Maria Maggiore (dal 1561). Rientrò a San Pietro nel 1571.
Nel 1580, alla morte della amata moglie, Lucrezia Gori, ebbe un momento di crisi mistica, chiese e ottenne di prendere i voti. La sua vocazione sfumò comunque presto, perché poco dopo sposò una ricca vedova romana, Virginia Dormoli.
Palestrina fu uno dei pochi e fortunati musicisti della sua epoca a vantare una brillante carriera pubblica. La sua fama venne riconosciuta universalmente dai colleghi del tempo, ed i suoi servigi furono richiesti da diversi dei potenti d'Europa.
Alla sua morte, avvenuta nel 1594, Palestrina venne inumato nella Basilica di San Pietro durante una cerimonia funebre a cui partecipò una gran folla di musicisti e di persone comuni.

Considerazioni sull'artista
Palestrina mostra il carattere che viene associato al genio: pienamente consapevole delle sue capacità e forte della popolarità guadagnata dalle sue composizioni, non fu mai costretto ad accettare incarichi non gratificanti per sopravvivere. Al contrario, seppe farsi ricompensare generosamente da tutti i suoi protettori, tanto che lo Stato Pontificio si trovò costretto ad aumentare continuamente il suo onorario annuo per trattenerlo a Roma, tali e tante furono le proposte che ricevette.
Fu un uomo volitivo, ma con forti impulsi che lo portarono a scelte improvvise ed inaspettate, come le seconde nozze, celebrate dopo aver ricevuto gli ordini religiosi minori. Compositore prolifico, pubblicò molto in vita e le sue opere non conobbero mai l'oblio, ma vennero sempre apprezzate come capolavori della Polifonia.

La sua produzione
Il corpus musicale palestriniano fu scritto prevalentemente a Roma e per Roma soltanto, ad uso principalmente liturgico: per la Messa e l'Ufficio. Una buona parte della sua produzione viene fatta risalire al periodo del suo ultimo incarico nella Basilica di San Pietro in Vaticano.
L'organico Vocale della cappella vaticana era al tempo più vasto di quello di altre chiese (nel 1594 era composto in tutto da 24 cantori), ma non si adottò l'uso di strumenti, fatta eccezione per l'organo.
Il linguaggio polifonico di Palestrina non si discosta tanto dalla maniera tradizionale dei maestri franco fiamminghi (nordici furono i suoi primi maestri a Roma).
L'arte contrappuntistica di Palestrina si sviluppa soprattutto in direzione dell'intelligibilità delle parole e di una sonorità ordinata in maniera da evitare l'enunciazione simultanea di testi diversi.
Per quanto riguarda l'andamento delle linee melodiche, è evidente l'influsso del canto gregoriano. In questo senso, si può dire che il compositore applica le regole del Concilio di Trento.
Nella grande mole dei mottetti palestriniani spicca tra tutti, per la sua intensa espressività, l'intonazione del salmo 137 Super Flumina Babylonis.
Tra i compositori della cerchia romana che colsero il rigorismo tecnico del contrappunto di Palestrina vanno ricordati il suo discepolo Giovanni Maria Nanino (1543-1607), Francesco Soriano (1548-1621) e Felice Anerio (1560-1614). Per l'alta qualità della sua produzione spicca tra tutti lo spagnolo castigliano Tomás Luis de Victoria (1548-1611).

martedì 3 marzo 2009

Robert Schumann - Regole di vita musicale (1845)

1. L'educazione dell'orecchio e' cosa di massima importanza. Procurate per tempo di saper riconoscere ogni suono ed ogni tonalita'. Occupatevi inoltre ad esaminare a quali suoni della scala corrispondano quelli che producono la campana, i vetri delle finestre, il cuculo.
2. Ottima cosa e' quella di suonare spesso e diligentemente le scale e gli studi di meccanismo. Ci sono molti individui che credono di poter ottenere il massimo risultato utile, col dedicare sempre e sino alla piu' tarda eta' molte ore della giornata agli esercizi puramente meccanici delle dita. Cosi facendo e' come recitare giornalmente l'alfabeto con sempre crescente rapidita'. Impiegate il vostro tempo in modo migliore.
3. Si sono inventate delle tastiere mute; provatele per qualche tempo per convincervi che nulla valgono. I muti non possono insegnare a parlare.
4. Suonate a tempo! L'esecuzione di certuni artisti rassomiglia all'andatura di un ubriaco. Guardatevi di prendere a modello costoro.
5. Studiate per tempo le leggi fondamentali dell'armonia.
6. Non vi sgomentate dei vocaboli: teoria, partimenti, contrappunto ed altri simili; con un poco di buona volonta' essi vi diverranno presto famigliari.
7. Guardatevi dal suonare con trascuratezza! Eseguite ogni pezzo con accuratezza, ne' mai troncatelo a meta'.
8. Il suonare troppo in fretta o troppo lento, sono difetti grandi al pari.
9. Procurate di suonare bene e con espressione i pezzi facili; cio' sara' assai meglio, che eseguire mediocremente delle composizioni difficili.
10. Abbiate cura che il vostro pianoforte sia sempre perfettamente accordato.
11. Bisogna che sappiate non solo suonare i vostri pezzi, ma che siate anche capaci di solfeggiarli senza pianoforte. Coltivate la vostra immaginazione al punto di ritenere a memoria tanto l'armonia data ad una melodia, quanto la melodia stessa.
12. Sforzatevi, anche se avete poca voce, di cantare a prima vista, senza 1'aiuto di uno strumento. Con cio' perfezionerete il vostro orecchio Se poi avete la fortuna di possedere una bella voce, non trascurate di coltivarla, e consideratela come il dono piu' prezioso elargitovi dal cielo.
13. Cercate di essere capaci di leggere qualunque musica e di comprenderla a prima vista.
14. Quando suonate non ponete mente a chi sta ad ascoltarvi.
15. Suonate sempre come se foste in presenza di un maestro.
16. Se qualcuno vi presenta una composizione per farvela eseguire a prima vista, prima di suonarla leggetela interamente cogli occhi.
17. Quando avete terminato il vostro studio musicale quotidiano e vi sentite affaticato, non continuate a studiare. Val meglio riposarsi, anziche' lavorare svogliati e con la mente stanca.
18. Quando siete giunti all'eta' matura, non suonate le composizioncine di moda della giornata. Il tempo e' prezioso: bisognerebbe poter vivere centinaia di vite umane, per conoscere solamente tutte le buone composizioni che esistono.
19. I fanciulli allevati con dolci, paste e leccornie, non saranno mai uomini sani. Il cibo dello spirito, al pari di quello del corpo, deve essere semplice e nutritivo. I grandi maestri vi hanno largamente provveduto: tenetevi alle loro opere.
20. Le composizioni virtuosistiche escono presto di moda. L'agilita' non ha pregio che allorquando serve a rendere piu' perfetta l'esecuzione dei lavori musicali di merito reale.
21. Evitate di contribuire alla diffusione della musica cattiva; cercate anzi di sopprimerla con tutte le vostre forze.
22 Non dovete suonare mai le cattive composizioni, e non state neppure ad ascoltarle, se non siete a cio' obbligato.
23. Non ricercate quella brillante esecuzione che si chiama bravura. Procurate piuttosto di fare impressione riproducendo l'idea che il compositore aveva in mente di esprimere, e null'altro; il volere di piu' e' ridicolo.
24. Considerate come cosa abominevole e mostruosa quella di praticare il benche' minimo cambiamento nelle opere di buoni maestri, l'omettervi qualche parte, o l'aggiungervi del nuovo. Cio' sarebbe la massima ingiuria che possiate fare all'arte.
25. Riguardo alla scelta dei pezzi da studiare, rivolgetevi al parere di persone piu' esperte di voi; cosi' facendo eviterete una perdita di tempo prezioso.
26. Applicatevi a studiare a poco a poco i capolavori dei piu' celebri maestri.
27. Non lasciatevi sedurre dagli applausi che ottengono dalla moltitudine i grandi concertisti; al plauso della folla preferite sempre gli elogi degli artisti.
28. Tutta la musica di pura moda ha vita corta, e se voi persisterete a coltivarla passerete per uno sciocco, che nessuno stima.
29. Il suonar molto nelle societa' e' piu' dannoso che utile. Farete bene a tener conto dell'intelligenza e del gusto del vostro uditorio, astenetevi pero' sempre di suonare delle cose di cui avreste voi stesso a vergognarvi.
30. Non lasciatevi sfuggire l'occasione di eseguire della musica assieme ad altre persone, come per esempio in duetti, terzetti, ecc. Questo esercizio rendera' la vostra esecuzione scorrevole e le dara' slancio e colorito. Accompagnate pure spesso i cantanti.
31. Se tutti volessero suonare la parte di primo violino, non si potrebbe mai mettere insieme un'orchestra. Rispettate per tanto ogni musicista in qualunque posto stia.
32. Amate il vostro strumento, ma non lo considerate con vanita', come unico o come superiore a tutti gli altri. Pensate, che ve ne sono degli altri ed ugualmente belli. Pensate anche, che ci esistono i cantanti, e che cio' che vi e' di piu' sublime nella musica viene espresso col coro e coll'orchestra.
33. Progredendo nell'arte, cercate di famigliarizzarvi piu' colle partiture che con gli artisti.
34. Suonate diligentemente le fughe dei buoni maestri, prima di tutte quelle di Bach. Il Clavicembalo ben temperato sia il vostro pane quotidiano. Allora diverrete di sicuro un valentissimo musicista.
35. Fra i vostri compagni prediligete sempre quelli che ne sanno piu' di voi.
36. Ricreate la severita' dei vostri studi musicali colla diligente lettura dei buoni poeti. Passeggiate altresi' spesso all'aperto.
37. Molto si puo' imparare dai cantanti, pure non bisogna credere loro in tutto.
38. Pensate che non siete unico nel mondo. Siate modesto! Voi non avete forse pensato ed inventato cosa, che altri prima di voi non abbia di gia' pensato ed inventato. E se cio' vi accadesse di fare realmente, consideratelo come un dono del cielo, che dovete dividere con gli altri.
39. Voi guarirete presto da ogni vanita' e presunzione, se studierete la storia della musica e se andrete ad udire i capolavori delle sue diverse epoche.
40. Un bellissimo ed utile libro sulla musica, e' quello di Thibaut (1772-1840), dal titolo: Sulla purezza dell'arte dei suoni. Leggetelo spesso quando giungerete all'eta' matura.
41. Se passando innanzi a una chiesa sentite suonare 1'organo, entrate ad ascoltarlo. Se avete poi il bene di poter sedere voi stesso innanzi a questo strumento, provatene la tastiera e rimarrete stupito della sorprendente forza della musica, prodotta dalle vostre piccole dita.
42. Non trascurate alcuna occasione d'esercitarvi sull'organo; non v'ha strumento che piu' efficacemente di quello palesi il suonare scorretto dell'esecutore e il cattivo stile del compositore.
43. Non rifiutate mai di cantare nei cori, e particolarmente nelle parti medie. Questa pratica contribuira' a rendervi buon musicista.
44. Cosa vuol dire avere il sentimento musicale? Voi non l'avete se suonate il vostro pezzo da un capo all'altro con gran fatica, fissando con ansieta' le note scritte, oppure se nell'esecuzione vi fermate di botto, assolutamente incapace di proseguire, qualora per sbaglio vi voltino due pagine in una volta. Ma voi lo possedete indubitatamente codesto sentimento musicale, se suonando un pezzo che sia per voi affatto nuovo, indovinate approssimativamente quello che segue, oppure lo sapete a memoria, qualora il pezzo vi sia gia' noto; in una parola, se avete la musica non soltanto nelle dita, ma anche nella testa e nel cuore.
45 Ma come si acquista questo sentimento musicale? Questo, o mio caro ragazzo, e', come tutte le altre cose, un dono del cielo. Esso consiste principalmente in un orecchio fine ed in una rapida facolta' di percezione. Tali felici disposizioni possono essere coltivate e perfezionate; non pero' se vi rinchiuderete solitariamente nella vostra stanza, dedicandovi solamente a studi meccanici; ma bensi' le raggiungerete mantenendovi in vivo e multiforme esercizio, musicale, e nominatamente col coro e coll'orchestra.
46. Mettetevi per tempo al fatto dell'estensione della voce umana nelle sue quattro modificazioni principali. Studiatela particolarmente nei cori; esaminate in quali intervalli e' riposta la sua maggiore potenza, e in quali altri bisogna cercare gli effetti d'espressione tenera e delicata.
47. Ascoltate con attenzione tutti i canti popolari: essi costituiscono una ricca miniera delle piu' belle melodie, che vi danno un'idea del carattere delle differenti nazioni.
48. Applicatevi per tempo alla lettura delle chiavi antiche; diversamente molti tesori del tempo passato rimarranno sconosciuti per voi.
49. Penetrate per tempo nel tono e nel carattere dei vari strumenti; cercate di imprimervi i bene nell'orecchio il colorito di suono ch'e' loro proprio.
50. Non trascurate mai di sentire delle buone opere.
51. Onorate altamente l'antico, ma prendete anche caldo interesse per il moderno. Non abbiate alcuna prevenzione contro i nomi che non sono ancora celebri.
52. Non giudicate del merito d'una composizione dopo averla udita una sola volta; poiche' cio' che vi piace a tutta prima, non e' sempre il migliore. I maestri devono essere studiati. Molte cose non vi diverranno chiare, se non nell'eta' piu' matura.
53. Nel giudicare le composizioni, distinguete prima se sono lavori appartenenti all'arte vera, oppure se hanno solo lo scopo di divertire i dilettanti. Tenete in pregio le prime: ma tuttavia non andate in collera per le altre.
54. "Melodia" e' il grido di guerra dei dilettanti; ed e' certo che non e musica quella priva del tutto di melodia. Dovete pero' comprendere bene il significato che essi danno a questo vocabolo ; per i dilettanti vale solamente per le melodie di ritmo piacevole e facile a ritenersi. Ma ce ne sono anche delle altre e di genere ben diverso; se voi aprite le opere di Bach, di Mozart, di Beethoven, troverete che le loro melodie vi si presentano sotto mille variate maniere e credo che vi verranno presto a noia le meschine forme ritmiche delle melodie nelle opere italiane moderne.
55. Se voi comporrete delle piccole melodie stando al pianoforte, sara' certo una cosa molto bella; ma sara' di gran lunga migliore se queste vi si affacceranno alla mente senza il sussidio dello strumento; rallegratevi allora, perche' sara' segno che l'interno vostro sentimento musicale si risveglia le dita devono fare cio' che vuole la testa, e non viceversa.
56. Se cominciate a comporre, ideate dapprima tutto nella vostra testa. Non provate alcun componimento al pianoforte, se non quando lo avrete ben stabilito nella vostra mente. Se la musica proviene dal vostro intimo sentimento, e voi stesso ne siete commosso, allora essa fara' effetto anche sugli altri.
57. Se il cielo vi regalo' una vivace immaginazione, vi accadra' di sovente di sedere al pianoforte, nelle ore di solitudine come sotto l'influenza di una attrazione, provandovi di esprimere con delle armonie i sentimenti del vostro animo; e quanto piu' oscura vi sara' ancora la scienza armonica, tanto piu' magicamente vi sembrera' di essere quasi trascinato in circoli incantati. Queste sono le ore piu' felici della giovinezza. Guardatevi pero' dal darvi troppo di spesso alle produzioni di un talento che puo' indurvi a sprecare ugualmente tempo e forza, correndo dietro a dei fantasmi. Non giungerete a padroneggiare le forme della composizione, ed a esprimere chiaramente le ‘vostre idee, se non mettendo in iscritto i vostri concetti; percio' e' meglio scrivere che improvvisare.
58. Procurate di acquistare di buon'ora l'arte del dirigere; osservate sovente i migliori direttori, e provate di accompagnarli silenziosamente col vostro pensiero. Con cio' vi renderete piu' chiaro quello che udrete.
59. Cercate di acquistare abilita' nelle dita, e non trascurate mai anche lo studio delle altre arti e delle altre scienze, oltre la musica.
60. Le leggi della morale sono anche quelle dell'arte.
61. Colla diligenza e colla perseveranza progredirete sempre in meglio.
62. Da una libbra di ferro, che costa pochi centesimi, si possono ricavare molte migliaia di molle da orologio, il valore delle quali, in confronto a quello dell'origine, e' prodigioso. Adoperate pertanto coscienziosamente la libbra d'intelligenza che avete ricevuto da' Dio.
63. In arte, non si compie nulla di grande senza entusiasmo.
64. Lo scopo dell'arte non e' quello di procurare ricchezze. Cercate di divenire piu' valente che potete, il restante verra' da se'.
65. Lo spirito della composizione non vi riuscira' del tutto chiaro, se non quando comprenderete bene la sua forma.
66. Forse solo il genio puo' comprendere interamente un altro genio.
67. Taluno ha creduto che un perfetto musicista deve essere in grado di vedere nella propria mente, come se avesse innanzi a se' la partitura scritta, un pezzo orchestrale, anche complicato, dopo di averlo udito per la prima volta. Cio' sarebbe davvero il superlativo dell'intelletto musicale.
68. Lo studio e' senza fine

Il maestro di musica del Papa (parte II)

Nel Cinquecento, nel Seicento, nel Settecento, molti personaggi illustri raggiungevano Roma per assistere in San Pietro alle cerimonie della Settimana Santa, celebrate dal papa, e per ascoltare il famoso 'Miserere' dell'Allegri, che veniva eseguito il mercoledì e il venerdì santo. A questa consuetudine è legato un episodio molto significativo che riguarda il giovane Wolfgang Amadeus Mozart."Nel 1770, anche Mozart arrivò a Roma, accompagnato da suo padre Leopold. Mozart aveva soltanto 14 anni, ma il suo genio musicale era già noto in tutta Europa racconta monsignor Liberto . Ascoltò il canto del 'Miserere' il mercoledì santo e ne riportò una impressione enorme. Rientrato in albergo, trascrisse a memoria quanto aveva udito. Tornò in San Pietro il venerdì e, dopo questo secondo ascolto, perfezionò quanto aveva scritto. Aveva portato fuori dai Palazzi Vaticani lo spartito di quel 'Miserere' e per questo avrebbe dovuto incorrere nella scomunica. Ma si racconta che il Papa, informato di quanto era accaduto, invece di scomunicare il giovane Mozart volle premiarlo con una prestigiosa onorificenza pontificia".Alla domanda su quanti cantori è composta attualmente la "Cappella Musicale Pontificia Sistina", il maestro ha precisato che si tratta di circa 55 persone, di cui venti cantori adulti, che sono dei professionisti, dipendenti vaticani, e circa 35 ragazzi, i "Pueri cantores", che costituiscono la sezione di voci bianche. L'origine dei "Pueri cantores" del Coro della Cappella Sistina risale al sesto secolo.Poi, soprattutto nel Rinascimento, erano stati sostituiti dai cantanti evirati, ma Lorenzo Perosi, all'inizio del Novecento, riprese la consuetudine antica. I "Pueri Cantores" non erano però membri a tutti gli effetti della Cappella, venivano utilizzati all'occorrenza. Solo nel 1956 Domenico Bartolucci, li inglobò come cantori fissi.Monsignor Liberti ha spiegato che per prepararli ad impegni artistici importanti i ragazzini "seguono un tirocinio molto severo. Frequentano una nostra scuola interna, paritaria, dove alle materie dell'obbligo viene aggiunto lo studio della musica. Ricevono dal Vaticano una borsa di studio integrale, quindi hanno tutto gratis, lezioni e libri"."La scuola è ad alto livello, con insegnanti preparatissimi e i ragazzi sono molto seguiti, anche perché ci sono solo dodici alunni per classe. Abbiamo due classi elementari, la quarta e la quinta, e le tre medie. Il primo anno, i ragazzini studiano solfeggio e impostazione vocale. Poi cominciano a essere inseriti nel coro. In pratica, diventano dei piccoli professionisti"."Musicalmente sono seguiti da monsignor Marcos Pavan, brasiliano, che è un istruttore straordinario. È una vocazione adulta. Prima di diventare sacerdote, era avvocato e appassionato di musica. In Brasile ha anche studiato canto lirico e faceva parte del coro del Teatro dell'Opera di San Paolo. A Roma era venuto per completare i suoi studi. Lo conobbi nel 1998, e mi resi conto che era un istruttore ideale per i 'Pueri cantores' della Cappella Sistina".Ma l'attività della Cappella Musicale Sistina non si esaurisce nel partecipare alle celebrazioni liturgiche del Papa. A questo proposito monsignor Liberti ha spiegato "abbiamo anche una intensa attività concertistica in Italia e all'estero. Negli ultimi dieci anni abbiamo effettuato tournée in Giappone, Ungheria, Malta, Spagna, Croazia, Albania, Germania, Montenegro, e moltissimi concerti a Roma e in varie città italiane".Inoltre il compito di direttore della Cappella Sistina non si limita solo all'esecuzione, ma ha anche il compito di comporre le musiche per le varie celebrazioni. Come era in passato.Monsignor Liberto ha raccontato che "si riprendono musiche del repertorio antico, ma spesso vengono scritte appositamente. È un lavoro delicatissimo. non si tratta di comporre musiche per un concerto o per uno spettacolo. Queste musiche nascono per la liturgia e, nell'esecuzione, vengono conglobate all'azione liturgica e diventano preghiera della Chiesa".In genere, per tradizione, questo genere di musica viene chiamato 'musica sacra'. Io amo riservare quell'espressione alla musica che ha un contenuto "genericamente" religioso. Mentre, per la musica finalizzata alla liturgia, preferisco usare l'espressione 'musica santa'."Comporre 'musica santa' confessa il direttore della "Cappella Musicale Sistina richiede certamente professionalità, ma soprattutto consapevolezza di essere al servizio dell'azione orante della Chiesa che celebra il Mistero pasquale di Cristo. La musica deve aiutare a pregare le persone di oggi. Bisogna quindi trovare il linguaggio giusto, che sia vivo e non arcaico"."Un ottimo suggerimento per seguire questa strada - ha aggiunto -, l'ho avuto anche dal Santo Padre Benedetto XVI, che è un grande intenditore di musica. Ogni anno offriamo al Papa, qui nella Cappella Sistina, un concerto natalizio. Si tratta di un incontro tra il Pontefice e i componenti della sua Cappella Musicale. Al termine del concerto, il Papa ci rivolge sempre un discorso molto affettuoso".Monsignor Liberto rivela che "un anno fa ho inserito nel programma anche due canti natalizi tradizionali: Tu scendi dalle stelle e Astro del ciel, da me armonizzati in una forma un po' moderna. Al termine del concerto, il Papa mi ha fatto i complimenti. Quasi scusandomi, gli ho detto che, nel complesso dei vari brani classici, avevo voluto inserire anche quei due canti popolari"."Bene, la musica viene da lì, dal popolo", disse il Papa. "Però", aggiunsi "li ho armonizzati in forma forse un po' troppo moderna". E lui: 'No, no, va bene così. Bisogna guardare avanti, esprimersi con un linguaggio adatto al tempo in cui viviamo', indicandomi, con queste sue parole, la giusta regola che deve osservare chi compone 'musica santa' oggi".Alla domanda su quanta musica nuova ha composto. Monsignor Liberto ha affermato: "Molta. Anche perché in questi anni si sono verificati diversi avvenimenti religiosi straordinari. Beatificazioni di figure come Padre Pio, il Grande Giubileo del 2000, la morte di Giovanni Paolo II, l'elezione di Benedetto XVI, ecc. Per ognuno di questi eventi bisognava preparare canti appropriati alle varie celebrazioni".Il direttore della Cappella Musicale Sistina ci fa vedere i numerosi spartiti della musica da lui composta in questi anni. Alcuni sono già stati pubblicati dalla Libreria Editrice Vaticana, nella collana "Liturgica Poliphonia". Tra essi, anche la Missa Pie Iesu Domine composta ed eseguita per i funerali di Giovanni Paolo II.Una musica che fu ascoltata con grande commozione dalla enorme folla presente in Piazza San Pietro e da oltre tre miliardi di persone collegate via radio e televisione. Suscitò vivissimo interesse anche da parte dei critici musicali per la serenità di cui era permeata, in perfetta sintonia con lo spirito della liturgia che si celebrava, e con le parole che il celebrante, il cardinale Ratzinger, pronunciò riferendosi al pontefice defunto: "Possiamo essere sicuri che il nostro amato Papa sta adesso alla finestra della casa del Padre, ci vede e ci benedice".

lunedì 2 marzo 2009

Il maestro di musica del Papa

Parla monsignor Giuseppe Liberto, direttore della “Cappella Musicale Sistina”di Renzo Allegri*
ROMA, giovedì, 26 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Sono milioni le persone nel mondo che, durante le principali solennità religiose, seguono, attraverso la televisione e la radio, le celebrazioni del Papa nella basilica di San Pietro. E sono milioni, quindi, le persone che ascoltano e apprezzano i canti che accompagnano quelle cerimonie, eseguiti dal coro più antico che si conosca, la "Cappella Sistina".Il nome, mitico, richiama subito alla mente quella particolare chiesa all'interno del Vaticano, dove, da secoli, i Cardinali si radunano per nominare un nuovo Papa. E anche i capolavori pittorici che ne impreziosiscono le pareti, opere immortali di Botticelli, Signorelli, Perugino, Pinturicchio, Ghirlandaio e, soprattutto, gli affreschi di Michelangelo, in particolare il Giudizio Universale.Ma in quella cappella è anche cresciuta la "Schola cantorum" del Papa, quel coro che da secoli esegue tutte le parti musicali nelle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice. Un complesso artistico unico e prestigiosissimo. E per conoscerlo da vicino abbiamo incontrato il direttore, monsignor Giuseppe Liberto, siciliano, maestro di musica di alto valore, che da 12 anni è alla guida della "Schola cantorum" del Papa."Si chiama 'Cappella Sistina' in onore di Papa Sisto IV della Rovere, che, subito dopo la sua elezione a Pontefice, nel 1471, se ne occupò personalmente organizzandola in modo sistematico", dice monsignor Giuseppe Liberto.Il nome completo è 'Cappella Musicale Pontificia Sistina'. Esisteva già molto prima di Sisto IV. Si hanno notizie che risalgono alla fine del sesto secolo, sotto Papa Gregorio Magno, il compilatore del canto gregoriano.Ma fu Sisto IV a darle organicità e una sede stabile. Subito dopo la sua elezione, Papa Della Rovere fece costruire, all'interno dei Palazzi Vaticani, una cappella, riservata alle celebrazioni liturgiche papali. E stabilì che le parti musicali delle celebrazioni fossero eseguite sempre e solo dalla stessa 'Schola cantorum' che prese il nome dal fondatore: Cappella Sistina.Sessantacinque anni, laureato in filosofia e teologia, diplomato in composizione, monsignor Giuseppe Liberto è nato con la musica nel sangue e fin da giovane ha offerto a Dio questo suo grande talento artistico usandolo come mezzo di evangelizzazione.Subito dopo la sua ordinazione sacerdotale, fu nominato direttore della 'Schola cantorum' della Cattedrale di Monreale in Sicilia, la sua diocesi, dove si affermò non solo come 'direttore musicale', ma anche come compositore e, nel 1997, Giovanni Paolo II lo volle in Vaticano, assegnandogli il compito di Maestro Direttore della "Cappella Musicale Pontificia Sistina".Incarico eccezionale. Giuseppe Liberto saliva sul podio che per un secolo era stato occupato da due celeberrimi Maestri: Lorenzo Perosi, dal 1898 al 1956, e Domenico Bartolucci dal 1956 al 1997.Ognuno dei due, essendo anche straordinari compositori, ha lasciato un'eredità compositiva di prestigio e ora quel prestigio grava sulle spalle di monsignor Liberto."L'incarico comporta realmente una grande responsabilità dice il maestro . Non solo perché la musica eseguita dalla 'Cappella Sistina' raggiunge oggi, grazie alla radio, alla televisione, ai CD, ai DVD, ecc., un pubblico incalcolabile, ma soprattutto perché il suo compito nei confronti dei credenti è del tutto particolare".La musica della Cappella Sistina non deve mirare solo al risultato artistico, che è certamente doveroso, trattandosi della 'Schola cantorum' del 'centro' della cristianità, che vanta oltre quindici secoli di tradizione, ma deve soprattutto aiutare chi l'ascolta a vivere e seguire con spirito di fede le celebrazioni liturgiche del Papa, e deve quindi diventare essa stessa preghiera. Un compito che diventa "missione".Affabile, sorridente, gentilissimo, monsignor Liberto ci introduce nei Palazzi Vaticani. Passiamo per ampi corridoi, sale enormi piene di luce e affrescate da leggendari maestri della pittura. Incontriamo guardie svizzere, monsignori, vescovi, cardinali e tutti salutano calorosamente il maestro, che risponde con altrettanta cordialità.Conosce tutti. Le sue parole, i suoi gesti, tutto il suo portamento sono armoniosi, "musicali". Dalla sua persona emana una contagiosa energia positiva e serena.Ci fa entrare nella Cappella Sistina. Ci indica la cantoria, a destra del grande affresco del 'Giudizio' di Michelangelo, e dice: "Ecco, là è nato il coro che io ora dirigo. Sisto IV iniziò a celebrare le funzioni liturgiche in questa cappella intorno al 1473 e proprio da lì il coro eseguiva il suo repertorio. Sono quindi oltre cinquecento anni che, quando i Papi celebrano tra queste mura, la musica si sprigiona da quella cantoria".Fa aprire una porticina segreta e attraverso una scaletta ripida e stretta, saliamo nella cantoria. Da lassù si domina l'intera Cappella Sistina. Si vedono i capolavori dei grandi maestri da una prospettiva unica.Le pareti che delimitano la cantoria brulicano di firme lasciate lungo i secoli. "Sono quelle dei cantori", spiega monsignor Liberto. "Sapevano di far parte della storia e hanno voluto lasciare un loro segno. Decifrando quei nomi, si potrebbero trovare sorprese incredibili. Per esempio, uno dei cantori della 'Cappella Sistina' nel 1500 si chiamava Pier Luigi da Palestrina: proprio lui, il più grande polifonista, autore di capolavori che ancora eseguiamo e stupiscono il mondo. Ma anche altri celebri musicisti di quel tempo furono cantori della 'Cappella Sistina'.Per esempio, Luca Marenzio (1553-1599), madrigalista; Cristobal Morales, (1500-1553), il più importante compositore spagnolo di musica vocale della prima metà del Cinquecento; Costanzo Festa (1490-1545); Josquin de Prez (1455-1521), il più famoso compositore della scuola franco-fiamminga e Gregorio Allegri, un presbitero romano, buon musicista, vissuto a Roma dal 1582 al 1652, autore di un 'Miserere' a nove voci, divenuto leggendario. Talmente famoso, quel "Miserere", che il Papa aveva comminato la scomunica a chi ne avesse diffuso lo spartito fuori dal Vaticano.Veniva eseguito dalla Cappella Sistina in San Pietro durante i riti della Settimana Santa, e suscitava emozioni fortissime. Non solo per la musica, che è abbastanza semplice, ma anche per il luogo dell'esecuzione, il tipo di liturgia in cui era inserito, con il Papa e i cardinali prostrati a terra; le candele e le torce che venivano spente una ad una fino a lasciare la Basilica al buio totale, come quel buio che era calato su Gerusalemme alla morte di Gesù.Quel canto, eseguito con straordinaria maestria, alternando piani e forti, rallentati, accelerazioni improvvise e filati che sembrano lamenti, diventava indimenticabile. Del resto, provoca ancora grandi emozioni, e lo dimostrano le numerose incisioni che sono in commercio e che hanno un buon mercato.

lunedì 23 febbraio 2009

Insegnamenti dal passato

"Aborrite gli esempli di chi odia la correzione, perché costei fa come il lampo a chi cammina al buio, spaventa, ma fa lume. E studiate negli errori altrui: Oh gran lezione! Costa poco, insegna molto, da tutti s’impara, e il più ignorante è il più gran Maestro.
La Verità e le Rose hanno le spine,Ma non si punge chi pel fior le coglie."
Pier Francesco Tosi
(parole tratte da "Opinioni de’ cantori antichi e moderni o sieno Osservazioni sopra il canto
figurato" 1723)

mercoledì 11 febbraio 2009

Sapere di non sapere...questo è il problema!

"Allora provai a dimostrargli che credeva di essere sapiente, ma non lo era. Così diventai odioso a lui e a molti dei presenti. allontanandomi, ragionai tra me stesso: di costui sono più sapiente; forse nessuno di noi due sa nulla di bello e di buono, ma costui crede di sapere qualcosa e non sa, mentre io no so e non credo neppure di sapere. Pare dunque che almeno in questa piccola cosa io sia più sapiente di lui: ciò che non so, non credo neppure di saperlo."
(da Platone, Apologia di Socrate)
Il principio che guida Socrate nella ricerca della verità è la coscienza della propria ignoranza, la consapevolezza che il più grande sapere è il "sapere di non sapere". Dalla coscienza di non sapere nasce la necessità di interrogare coloro che dichiarano di sapere. l'intento da cui è mosso è di far giungere anche coloro che hanno fama di essere sapienti alla verità del non sapere. Chi crede di sapere non è nella disposizione di aprirsi e cercare. invece colui che giunge, dopo un percorso difficile e faticoso, alla consapevolezza di non sapere, entra in uno stato di irrequietezza profonda che lo sprona alla ricerca instancabile della verità.
riflessione da un semplice manuale di filosofia

martedì 10 febbraio 2009

Qualcosa di geniale

Per chi non avesse capito cosa può essere un genio a voi:
« Io suono pel miglior musicista della terra. Forse non sarà neppure presente, ma suono come se realmente ci fosse ».
(J. S. Bach)

« È una cosa che ci incute insieme rispetto e commozione, il vedere un simile genio seduto in mezzo ai suoi scolari, spiegare con tanta pazienza il modo di suonare il basso figurato, le regole elementari dell'armonia, o il miglior uso delle dita sul clavicembalo. Noi osserviamo con meraviglia su di lui i risultati del suo stesso metodo, e come in lui si fondessero la più preziosa teoria e la più perfetta esecuzione. E quelle volte in cui spesso si fermava nel bel mezzo dell'insegnamento, buttava da un lato i libri e i metodi, e sedendosi al clavicembalo o all' organo, ci lasciava scorgere i voli del suo genio nell'improvvisazione! Gran Dio, quelle erano ore per le quali val la pena di vivere. Che musica! Avrei voluto rimaner desto tutta la notte (e voi sapete quanta fatica mi costi) per richiamarla alla mia memoria. Sentivo in me un impeto di gioia e un impulso di pianto. Quelle sono ore che nessuno di noi, fino a che non sia fredda salma nella tomba, potrà mai dimenticare ».
(Enrico Gerber, allievo di J. S. Bach)
« In ogni mano avete cinque dita di abilità uguale alle mie, e se le eserciterete con cura, potrete riuscire a suonare come suono io stesso: è questione di applicazione ».
(J. S. Bach)
«Quando le idee sono giuste, l'elaborazione non ha alcuna importanza. (...) Anche nella mia musica strumentale ho sempre l'insieme davanti agli occhi. (...) Quando ho preso coscienza di ciò che voglio, l'idea che ne è a fondamento non mi abbandona mai, cresce, si fa più intensa, io odo e vedo l'immagine in tutta la sua ampiezza, in un unico blocco».
(L. V. Beethoven)
«Quando sono completamente me stesso (...), completamente solo e di buon umore... le mie idee scorrono meglio e con più abbondanza. Da dove e come arrivino, non lo so; e neppure le posso forzare. Trattengo nella memoria le idee che mi piacciono e mi è stato detto che sono solito canticchiarle a labbra chiuse tra me e me».
(W. A Mozart)

domenica 25 gennaio 2009

Parliamo di musica nella liturgia oggi

Vorrei iniziare il mio nuovo blog con le parole "musica liturgica", ovvero discutendo in questa sede di alcuni aspetti musicali che riguardano la condizione odierna della liturgia rispetto al passato e soprattutto rispetto a chi, come me, fa della musica il proprio lavoro e mestiere e chi, come me, è impegnato nella musica liturgica da decenni e crede ancora nella necessità di poter esprimere "a voce plena" la formazione dalla quale proviene, senza dover sopportare la sciatteria con la quale, a volte, noi musicisti di chiesa siamo costretti a contemplare. Tante volte ci siamo interrogati sul perché cantare nella liturgia; sul perché la solennità liturgica cantata, assume risonanza e profondità maggiore…la risposta è nella storia della liturgia, nella nostra storia. Il canto ha sempre espresso l’identità dell’uomo e di un popolo, nascendo dall’amplificazione della sua voce. Esprimersi con il canto, non è altro che parlare in un altro modo; ricoprire la parola di suono; una parola che è già musica nella sua natura, ma che la musica trasforma in completezza e perfezione. Tutto questo si giustifica in modo assoluto, quando la parola espressa è Parola di Dio. Quindi il canto nella liturgia riveste un ruolo importante perché “L’azione liturgica riveste una forma più nobile quando è celebrata in canto”(cfr. art.4 Musica sacram - Istruzione del «Consilium» e della Sacra Congregazione dei Riti); sottolineando il ruolo centrale dell’assemblea che canta e partecipa “attivamente” alla liturgia. E’ importante però, capire anche il senso della partecipazione attiva che non è certamente solo quella spontanea e immediata del canto Si educhino inoltre i fedeli a saper innalzare la loro mente a Dio attraverso la partecipazione interiore, mentre ascoltano ciò che i ministri o la «schola» cantano”(cfr. art.15 Musica sacram - Istruzione del «Consilium» e della Sacra Congregazione dei Riti). In conclusione è importante l’educazione dell’assemblea al canto liturgico, che non vive solo di spontaneità esterna, ma può esistere in un’assemblea che ascolta e prega interiormente; auguriamoci, quindi, di vivere il canto del nostro cuore, che loda a Dio più delle nostre labbra. “Ascoltiamo e cantiamo, e la gioia che proviamo all’udire le parole del salmo è già un cantico al nostro Dio. Non cantiamo infatti solamente quando con la voce e le labbra pronunziamo il cantico; anche all’interno sono rivolti gli orecchi di Qualcuno. Cantiamo con la voce per animare noi stessi: cantiamo col cuore per piacere a Lui”(cfr. S.Agostino Enarr.in Ps.147,5.)