martedì 30 marzo 2010

Poesia e vita (3)

Voglio una solitudine, voglio un silenzio,

una notte di abisso e l’anima inconsutile,

per dimenticarmi che vivo, liberarmi


dalle pareti, da tutto ciò che imprigiona;

attraversare gli indugi, vincere i tempi

pullulanti di intrecci e ostacoli,


infrangere limiti, estinguere mormorii,

lasciar cadere le frivole colonne

di allegorie vagamente erette.


Essere la tua ombra, la tua ombra, soltanto,

e star vedendo e sognando alla tua ombra

l’esistenza dell’amore risuscitata.


Parlare con te attraverso il deserto.


(Cecilia Meireles)


Poesia e vita (2)

SAPRAI CHE T'AMO E CHE NON T'AMO

Saprai che non t'amo e che t'amo
perché la vita è in due maniere,
la parola è un'ala del silenzio,
il fuoco ha una metà di freddo.

Io t'amo per cominciare ad amarti,
per ricominciare l'infinito,
per non cessare d'amarti mai:
per questo non t'amo ancora.

T'amo e non t'amo come se avessi
nelle mie mani le chiavi della gioia
e un incerto destino sventurato.

Il mio amore ha due vite per amarti.
Per questo t'amo quando non t'amo
e per questo t'amo quando t'amo.

Pablo Neruda


Poesia e vita

La poesía


Cos’altro sei se non la visione della notte?

Tutto il notturno ti appartiene.

Inviti agli splendidi banchetti dei sogni

e alle non meno splendide veglie della realtà.

Viaggi con uomini e donne come se fossi

fiamma degli occhi, bastone di felicità

o la bruma spessa delle aurore.


Per te, madre di dolore, c’è solo gloria e rimpianto,

non c’è mezzogiorno nel tuo diario.

Nient’altro sei, poesia,

che la vetta più alta in cui il folle,

i mortali,

i diseredati dalla sorte e la fortuna,

trovano rifugio.


Tu, la detestata, la lebbrosa, la purulenta,

sei la migliore delle femmine

la madre migliore

la sposa migliore

la sorella migliore

e la più lunga e gioiosa delle notti.


*Harold Alvarado Tenorio*


Invito ai concerti


Vi invito ai miei prossimi concerti:
















25 marzo 2010 - Chiesa S.Pio X - Foggia
"Il Canto della madre"
musiche di Sabino Manzo
testi di Giorgio Mazzanti
Regia Marilena Bertossi


31 marzo 2010 - Chiesa del Purgatorio - Candela (FG)
"Omaggio a Gabriel Faurè"
Coro della Polifonica Barese "Biagio Grimaldi"
Soprano Marialuisa Dituri
Baritono Giuseppe Fieno
Direttore Sabino Manzo




Musica e Pasqua

Non si può concepire lo straordinario evento della Pasqua, separandolo dal concetto più intimo e profondo della musica e del canto. La Pasqua è un canto…un canto liturgico che diventa festa e “Giubilo” nel cuore di chi annuncia il Cristo risorto.

Già la tradizione antica del canto gregoriano, ormai caduta nel totale disuso, ci ha donato delle meraviglie incommensurabili.

Basti pensare al famoso preconio pasquale della liturgia nella veglia, conosciuto anche con il termine “Exsultet”, tra i canti più antichi e meravigliosi della tradizione cristiana. La più antica testimonianza dell’esistenza di questo testo, detto anche “lode o benedizione del cero” pasquale, simbolo della luce di Cristo, risale al 384, quando è menzionato da S.Girolamo in una sua lettera.

Nel medioevo, i copisti fecero degli Exsultet, appartenenti alle diverse aree e ai diversi riti (ambrosiano, mozarabico, beneventano, gallicano), rotoli di pergamena pregiata decorata con meravigliose miniature rappresentanti le immagini del contenuto testuale. Infatti le stesse immagini, disegnate in posizione contraria al testo, aiutavano l’assemblea a comprendere il testo che il Diacono dall’ambone cantava.

La Cattedrale di Bari, ha la fortuna di essere stata testimone di questo evento in epoca medievale con il famoso Rotolo 1 dell’Exsultet, ancora conservato nel Museo Diocesano, unico esemplare al mondo di scrittura musicale neumatica beneventana dell’anno mille.

Ma senza dubbio il canto pasquale per eccellenza è l’Alleluja. Anticamente si cantava in modo solenne e nostalgico, l’ultimo alleluja prima dell’inizio della quaresima, per essere poi omesso dalla liturgia sino al grande alleluja della veglia pasquale, di natura completamente diversa, ricco di fioriture melodiche e di toni festosi ed intensi. Ancora oggi nella nostra liturgia, il Vescovo canta lo stesso alleluja dei suoi predecessori, in un intenso incedere melismatico che porta quasi a perdere la distinzione della parola per dare spazio alle lunghe fioriture.

Ma proprio questo ci fa capire quale differenza enorme esisteva tra il canto sillabico (chiamato accentus) che seguiva perfettamente la sillabazione della parola: ad ogni sillaba un suono, generalmente nei tempi ordinari, ed il canto melismatico (chiamato concentus) nei tempi più intensi dove ad ogni sillaba corrispondevano tanti suoni sino a quasi perdere la cognizione delle sillabe stesse per dare spazio a quello che non si può dire con le parole, ma solo con i suoni e il canto.

Proprio come Sant’Agostino ci insegna nel suo commento al Salmo 32 in cui dice: “Cosa significa cantare nel giubilo? Comprendere e non sapere spiegare a parole ciò che si canta col cuore. Coloro infatti che cantano sia durante la mietitura, sia durante la vendemmia, sia durante qualche lavoro intenso, prima avvertono il piacere, suscitato dalle parole dei canti, ma, in seguito, quando l’emozione cresce, sentono che non possono più esprimerla a parole e allora si sfogano nella sola modulazione delle note. Questo canto lo chiamano giubilo. Il giubilo è la melodia con la quale il cuore effonde quanto non gli riesce di esprimere a parole. E verso chi è più giusto elevare questo canto di giubilo, se non verso l’ineffabile Dio? Infatti è ineffabile colui che tu non puoi esprimere. E se non lo puoi esprimere, e d’altra parte non puoi tacerlo, che cosa ti rimane se non cantare? Allora il cuore si aprirà alla gioia, senza servirsi di parole, e la grandezza straordinaria della gioia non conoscerà il limite delle sillabe”.

Allora l’invito è a cantare questa Pasqua, affinchè il canto possa donare lo “Jubilus” per vivere la luce del Risorto.