lunedì 2 marzo 2009

Il maestro di musica del Papa

Parla monsignor Giuseppe Liberto, direttore della “Cappella Musicale Sistina”di Renzo Allegri*
ROMA, giovedì, 26 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Sono milioni le persone nel mondo che, durante le principali solennità religiose, seguono, attraverso la televisione e la radio, le celebrazioni del Papa nella basilica di San Pietro. E sono milioni, quindi, le persone che ascoltano e apprezzano i canti che accompagnano quelle cerimonie, eseguiti dal coro più antico che si conosca, la "Cappella Sistina".Il nome, mitico, richiama subito alla mente quella particolare chiesa all'interno del Vaticano, dove, da secoli, i Cardinali si radunano per nominare un nuovo Papa. E anche i capolavori pittorici che ne impreziosiscono le pareti, opere immortali di Botticelli, Signorelli, Perugino, Pinturicchio, Ghirlandaio e, soprattutto, gli affreschi di Michelangelo, in particolare il Giudizio Universale.Ma in quella cappella è anche cresciuta la "Schola cantorum" del Papa, quel coro che da secoli esegue tutte le parti musicali nelle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice. Un complesso artistico unico e prestigiosissimo. E per conoscerlo da vicino abbiamo incontrato il direttore, monsignor Giuseppe Liberto, siciliano, maestro di musica di alto valore, che da 12 anni è alla guida della "Schola cantorum" del Papa."Si chiama 'Cappella Sistina' in onore di Papa Sisto IV della Rovere, che, subito dopo la sua elezione a Pontefice, nel 1471, se ne occupò personalmente organizzandola in modo sistematico", dice monsignor Giuseppe Liberto.Il nome completo è 'Cappella Musicale Pontificia Sistina'. Esisteva già molto prima di Sisto IV. Si hanno notizie che risalgono alla fine del sesto secolo, sotto Papa Gregorio Magno, il compilatore del canto gregoriano.Ma fu Sisto IV a darle organicità e una sede stabile. Subito dopo la sua elezione, Papa Della Rovere fece costruire, all'interno dei Palazzi Vaticani, una cappella, riservata alle celebrazioni liturgiche papali. E stabilì che le parti musicali delle celebrazioni fossero eseguite sempre e solo dalla stessa 'Schola cantorum' che prese il nome dal fondatore: Cappella Sistina.Sessantacinque anni, laureato in filosofia e teologia, diplomato in composizione, monsignor Giuseppe Liberto è nato con la musica nel sangue e fin da giovane ha offerto a Dio questo suo grande talento artistico usandolo come mezzo di evangelizzazione.Subito dopo la sua ordinazione sacerdotale, fu nominato direttore della 'Schola cantorum' della Cattedrale di Monreale in Sicilia, la sua diocesi, dove si affermò non solo come 'direttore musicale', ma anche come compositore e, nel 1997, Giovanni Paolo II lo volle in Vaticano, assegnandogli il compito di Maestro Direttore della "Cappella Musicale Pontificia Sistina".Incarico eccezionale. Giuseppe Liberto saliva sul podio che per un secolo era stato occupato da due celeberrimi Maestri: Lorenzo Perosi, dal 1898 al 1956, e Domenico Bartolucci dal 1956 al 1997.Ognuno dei due, essendo anche straordinari compositori, ha lasciato un'eredità compositiva di prestigio e ora quel prestigio grava sulle spalle di monsignor Liberto."L'incarico comporta realmente una grande responsabilità dice il maestro . Non solo perché la musica eseguita dalla 'Cappella Sistina' raggiunge oggi, grazie alla radio, alla televisione, ai CD, ai DVD, ecc., un pubblico incalcolabile, ma soprattutto perché il suo compito nei confronti dei credenti è del tutto particolare".La musica della Cappella Sistina non deve mirare solo al risultato artistico, che è certamente doveroso, trattandosi della 'Schola cantorum' del 'centro' della cristianità, che vanta oltre quindici secoli di tradizione, ma deve soprattutto aiutare chi l'ascolta a vivere e seguire con spirito di fede le celebrazioni liturgiche del Papa, e deve quindi diventare essa stessa preghiera. Un compito che diventa "missione".Affabile, sorridente, gentilissimo, monsignor Liberto ci introduce nei Palazzi Vaticani. Passiamo per ampi corridoi, sale enormi piene di luce e affrescate da leggendari maestri della pittura. Incontriamo guardie svizzere, monsignori, vescovi, cardinali e tutti salutano calorosamente il maestro, che risponde con altrettanta cordialità.Conosce tutti. Le sue parole, i suoi gesti, tutto il suo portamento sono armoniosi, "musicali". Dalla sua persona emana una contagiosa energia positiva e serena.Ci fa entrare nella Cappella Sistina. Ci indica la cantoria, a destra del grande affresco del 'Giudizio' di Michelangelo, e dice: "Ecco, là è nato il coro che io ora dirigo. Sisto IV iniziò a celebrare le funzioni liturgiche in questa cappella intorno al 1473 e proprio da lì il coro eseguiva il suo repertorio. Sono quindi oltre cinquecento anni che, quando i Papi celebrano tra queste mura, la musica si sprigiona da quella cantoria".Fa aprire una porticina segreta e attraverso una scaletta ripida e stretta, saliamo nella cantoria. Da lassù si domina l'intera Cappella Sistina. Si vedono i capolavori dei grandi maestri da una prospettiva unica.Le pareti che delimitano la cantoria brulicano di firme lasciate lungo i secoli. "Sono quelle dei cantori", spiega monsignor Liberto. "Sapevano di far parte della storia e hanno voluto lasciare un loro segno. Decifrando quei nomi, si potrebbero trovare sorprese incredibili. Per esempio, uno dei cantori della 'Cappella Sistina' nel 1500 si chiamava Pier Luigi da Palestrina: proprio lui, il più grande polifonista, autore di capolavori che ancora eseguiamo e stupiscono il mondo. Ma anche altri celebri musicisti di quel tempo furono cantori della 'Cappella Sistina'.Per esempio, Luca Marenzio (1553-1599), madrigalista; Cristobal Morales, (1500-1553), il più importante compositore spagnolo di musica vocale della prima metà del Cinquecento; Costanzo Festa (1490-1545); Josquin de Prez (1455-1521), il più famoso compositore della scuola franco-fiamminga e Gregorio Allegri, un presbitero romano, buon musicista, vissuto a Roma dal 1582 al 1652, autore di un 'Miserere' a nove voci, divenuto leggendario. Talmente famoso, quel "Miserere", che il Papa aveva comminato la scomunica a chi ne avesse diffuso lo spartito fuori dal Vaticano.Veniva eseguito dalla Cappella Sistina in San Pietro durante i riti della Settimana Santa, e suscitava emozioni fortissime. Non solo per la musica, che è abbastanza semplice, ma anche per il luogo dell'esecuzione, il tipo di liturgia in cui era inserito, con il Papa e i cardinali prostrati a terra; le candele e le torce che venivano spente una ad una fino a lasciare la Basilica al buio totale, come quel buio che era calato su Gerusalemme alla morte di Gesù.Quel canto, eseguito con straordinaria maestria, alternando piani e forti, rallentati, accelerazioni improvvise e filati che sembrano lamenti, diventava indimenticabile. Del resto, provoca ancora grandi emozioni, e lo dimostrano le numerose incisioni che sono in commercio e che hanno un buon mercato.

1 commento:

  1. Mi pare inutile accanirsi su una cosa di questo tipo, ma essendo musicista professionista e conoscendo bene le difficoltà cui vanno incontro anche i professionisti di altissimo livello soprattutto in italia, mi pare doveroso lasciare un commento a questo articolo (che fra l'altro si trova in decine di siti diversi), se non altro per correggere le grossolane esagerazioni che riporta. Innanzitutto storicamente mi parrebbe più corretto far risalire la fondazione della cappella papale (intesa come gruppo organizzato in grado di eseguire polifonia e dotato di un maestro di cappella in grado di comporne) più a Eugenio IV che ad altri. Si potrebbe forse anche accennare al fatto che Eugenio fu in parte responsabile per il fiorire di cappelle di corte dappertutto in Europa: la cappella era anche strumento politico di affermazione del potere e "vettore dell'ideale", e in quanto tale le varie corti erano in competizione per chi avesse la migliore cappella e il migliore maestro/compositore. Grazie alla cappella papale abbiamo oggi un enorme repertorio di grandissimo valore, sicuramente al pari delle opere d'arte figurativa contenute nella cappella sistina e altrove. Non ci è dato sapere della qualità del canto nei secoli passati, sebbene ci siano testimonianze che lo giudicano (non sempre positivamente peraltro). Quel che è certo è che compositori dall'eccezionale valore vi hanno lavorato. Detto questo cercare di trovare una linea di continuità qualitativa con quello che è la "cappella musicale sistina" di oggi è imbarazzante e molto poco rispettoso delle persone che veramente lavorano nella musica. Come si può negare che la qualità del canto e delle composizioni degli ultimi tre maestri di cappella (per rimanere su quelli citati) sia infima? Si dice che il coro ha un'attività concertistica. Mi dispiace ma mi stupirebbe vedere questo gruppo invitato ad un vero festival musicale (come lo sono invece altri cori pur legati a istituzioni religiose come i college choirs inglesi) e non solo ad eventi organizzati da altre istituzioni religiose e sicuramente non in una logica di eccellenza musicale. Quello che trovo veramente fastidioso è che di cori "professionisti" (escludendo quelli degli enti lirici: altro discorso) ce ne sono pochissimi, e che il risultato di un tale sforzo economico (non ne conosco l'entità precisa ma con un organico di 55 persone fra adulti e ragazzi che non sono pagati ma che ricevono una borsa di studio integrale) sia così mediocre è veramente triste. Le "numerose incisioni che sono in commercio hanno buon mercato"? Ma di cosa stiamo parlando, dei dischi venduti all'ingresso delle chiese e comprati da ignari turisti o ardenti devoti? Si è mai vista una recensione di uno di questi dischi su riviste non religiose?
    Io non voglio infierire ci mancherebbe altro, ma almeno non ci si voglia far credere cose assurde. Grazie

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